Soluzioni di storage e la differenza tra “migliore” e “migliore per”

11 Aprile 2019 Silvio Marano

Soluzioni di storage e la differenza tra “migliore” e “migliore per”

SSD e altre soluzioni d’archiviazione basate su memorie NAND Flash, sono ormai da anni sulla cresta dell’onda e hanno sostituito e stanno sostituendo varie tecnologie alternative. Cerchiamo però d’avere chiari vantaggi e limiti. 

Le Pendrive USB hanno sostituito i dischi ottici come soluzione d’archiviazione portatile nell’uso quotidiano, e gli SSD sembrano destinati a rimpiazzare gli hard disk meccanici, la cui tecnologia fatica ad evolversi in termini di velocità, rendendoli il collo di bottiglia delle prestazioni nella stragrande maggioranza di configurazioni, da un bel po’ d’anni a questa parte.
L’unico svantaggio evidente degli SSD al consumatore, era il costo estremamente elevato a parità di capacità, ma i prezzi sono in caduta libera e destinati a scendere ulteriormente con il proliferare di stabilimenti in grado di adottare questa tecnologia e la crescita di competizione nel settore (specie considerato che il costo più alto di un SSD rispetto a un HDD, non è determinato dal costo più alto delle materie prime, ma dagli investimenti necessari in ricerca e per le strumentazioni di produzione). Quanto agli iniziali dubbi sull’affidabilità nel tempo, garanzie estese dei produttori, entusiasmo dei consumatori e marketing, hanno seppellito questa ombra, portando molti a sostenere che gli SSD sono affidabili quanto se non più degli hard disk meccanici e migliori sotto tutti i punti di vista.

Ma è davvero lecito affermare ciò?

Prima di rispondere, è importante capire a grandi linee come entrambe le tecnologie funzionano.

HDD

 

HDD scoperchiato

L’Hard Disk Drive (HDD) è costituito da uno o più piatti in ceramica, vetro o un metallo non magnetico (il più delle volte lega d’alluminio) a cui è applicato un rivestimento ferromagnetico e un film di protezione al carbonio; questi piatti vengono fatti girare a gran velocità (tipicamente da 5000 a 15000 giri al minuto a seconda del modello) da un motore elettrico brushless, e i dati su di essi vengono letti e scritti da testine che restano distanziate dai piatti pochi nano-micron grazie all’effetto “cuscino d’aria” dato dalla velocità di rotazione dei piatti stessi. Ciò comporta un lieve ritardo all’accesso dei dati quando parte da spento, dovuto alla necessità di portare i piatti alla velocità di rotazione necessaria (lo “spin-up time”).

Se l’alimentazione si interrompe incidentalmente o a causa del normale spegnimento, la testina viene spostata via dal disco e messa in “park mode” perché altrimenti, l’impossibilità di fluttuare sui piatti per perdita della velocità di rotazione di questi, la farebbe impattare sulla superficie dei piatti stessi, con conseguenti danni. Questo è possibile grazie al fatto che nei moderni Hard Disk, un magnete permanente tiene in assenza di alimentazione la testina sempre in posizione di parcheggio, tranne quando i piatti sono in rotazione attiva, dove in tal caso si attiva un elettromagnete che ne controbilancia la forza permettendogli di uscire dalla posizione di parcheggio e spostarsi sopra di essi (in alcuni primissimi modelli invece la testina entrava in “park mode” se spento manualmente, ma non con un’interruzione dell’alimentazione forzata).

Dimensioni sezione Testina\Piatto HDD, a confronto con un capello, il grasso lasciato da un’impronta digitale, una particella di fumo e una di polvere.

Questo meccanismo verrebbe fatalmente compromesso dalla polvere e lo sporco, per questo motivo l’interno è sigillato e non deve essere mai aperto se non in camera bianca, ed inoltre è estremamente sensibile agli urti e le cadute durante il funzionamento. Malgrado gli Hard Disk di buona qualità prodotti negli ultimi anni includano un accelerometro, per rilevare l’accelerazione data ad esempio da una caduta libera dell’Hard Disk e mandare in modalità parcheggio la testina, una caduta accidentale mentre l’Hard Disk è in funzione, è comunque estremamente pericolosa e potenzialmente fatale (e un urto sufficientemente forte, senza caduta libera dell’hard-disk, lo è ancora di più). Inoltre sul loro funzionamento influisce anche la densità dell’aria: condizioni ambientali atipiche con aria rarefatta, varierebbero infatti la distanza della testina dal piatto, che come detto precedentemente è tenuta sospesa dall’effetto “cuscino d’aria“.

La causa più frequente di morte degli Hard Disk, sono difetti di fabbricazione pregressi (spesso rilevabili da opportune analisi), o incidenti dovuti a incuria. Gli Hard Disk guasti sono il più delle volte riparabili, anche se in termini di costi (e affidabilità post-riparazione) conviene sempre comprarne uno nuovo, ma questo aspetto rende possibile in molti casi recuperare se non totalmente almeno parzialmente i dati da un Hard Disk in avaria, in caso questo contenesse informazioni molto importanti.
Per quanto riguarda le operazioni di scrittura e lettura, queste vengono effettuate cambiando la direzione di magnetizzazione di minuscole sezioni dello strato di rivestimento ferromagnetico sui piatti, per mezzo di una testina che nel corso degli anni si è evoluta adottando diverse tecnologie per migliorarne l’affidabilità e precisione così da consentire l’aumento di densità dei dati per piatto, ad esempio MIG (Metal in Gap), a film sottile, con magnetoresistenza (MR), a loro volta evolute in varie varianti come GMR (Giant Magnetoresistance), TMR (Tunneling Magnetoresistance) e PMR (Perpendicular Magnetic Recording). Questa operazione di scrittura, non causa alcuna usura rilevante, e può essere fatta un numero virtualmente illimitato di volte. Un potenziale fattore di usura rilevante è invece la distribuzione del lubrificante del perno del braccio della testina, questo non muovendosi completamente, ma con movimenti di andata e ritorno a passo più breve, a seconda dello scenario d’uso, potrebbe a lungo andare formare accumuli di grasso ai bordi dell’angolo di movimento che dopo lo spegnimento, ostacolerebbero l’uscita dalla testina dalla park mode, questo problema, che Western Digital per prima ha osservato presentarsi più frequentemente in applicazioni audio\video, ormai in molti modelli di Hard Disk, viene risolto dall’utilizzo della tecnologia PLW (Preemptive Wear Leveling) che muove il braccio della testina a intervalli regolari in modo da garantire una distribuzione uniforme del lubrificante. La magnetizzazione comunque non è eterna, e a lungo andare, anche se l’Hard Disk è perfettamente funzionante, i dati finiranno per degradarsi e corrompersi per smagnetizzazione. La logica di funzionamento, essendo basata su una testina che deve andare a posizionarsi in un punto specifico per poter leggere i dati, soffre particolarmente il problema della “frammentazione” che si presenta ogni qual volta un file si trova memorizzato su allocazioni non contigue e quindi la testina dovrà, in parole povere andare a recuperarne i pezzi” sparsi sul disco, con conseguente degrado delle prestazioni; questo problema può essere mitigato da opportune implementazioni del file system, ma mai evitato del tutto o senza sacrificare le prestazioni in fase di scrittura a beneficio di una lettura più veloce.

SSD

 

SSD Samsung Pro

Gli SSD non hanno parti mobili (da qui il nome Solid State Drive), non hanno ritardi d’avvio dovuti allo spin-up time, non soffrono il problema della frammentazione dato che non ci sono testine che dovranno cercare i dati, che qui sono tutti direttamente indirizzabili, sebbene a differenza di quanto comunemente ritenuto, ciò non implica che si possa fare totalmente a meno della deframmentazione, perché a livello logico, è comunque necessario tenere traccia di tutti i frammenti che compongono i vari file, e se il numero dovesse crescere fino a un valore superiore a quello gestibile, allora sarebbe impossibile accedere ai dati.

NAND Gate

Negli SSD, i dati vengono memorizzati tipicamente in unità NAND Flash costituite da transistor a effetto di campo di tipo MOSFET (Metal Oxide Semiconductor Field Effect Transistor), connessi in maniera analoga a una porta logica Not-AND, o molto più raramente in unità di tipo NOR Flash (MOSFET connessi con struttura Not-OR).

 

n-MOS spento e acceso

Il MOSFET è costituito da silicio policristallino opportunamente drogato secondo lo schema in figura (assumendo l’utilizzo di nMOS, nel pMOS è all’inverso), dove le regioni “n” sono a carica negativa e le regioni “p” a carica positiva. Nello stato “spento” la corrente non fluisce da “source” a “drain”, che sono a carica “n” e si troveranno separati dalla zona a carica “p“, ma con un’opportuno livello di tensione applicato, gli elettroni nel substrato, detti “portatori maggioritari di carica“, vengono attratti dal “gate“, e questo causa la formazione di un canale conduttore tra source e drain, nel quale il silicio si comporta come se fosse drogato “n” come i terminali source e drain. Il MOSFET con un’opportuna tensione a polarità opposta può essere riportato alla condizione iniziale consentendo così la memorizzazione di uno stato “1” o “0“, a seconda che il MOSFET sia acceso o spento. Anche quando la tensione non viene più applicata, questo canale si mantiene attivo, e questo fa sì che a differenza di quanto non avvenga nelle memorie di tipo volatile, i dati possano mantenersi salvati anche in assenza d’alimentazione. L’operazione di “switch“, tra uno stato e l’altro del MOSFET, avviene mediante uno stress elettrico sulla componente, che alla fine subirà dei danni nello strato di ossido del “floating gate“, degradando le sue specifiche fino alla completa inutilizzabilità. A causa di ciò, una memoria Flash, potrà essere riscritta un numero limitato di volte. Il cambiamento di stato indotto dalla carica, che costituirà i dati memorizzati, anche in questo caso, non è permanente, e lo stato può essere mantenuto per molto meno tempo rispetto agli Hard Disk, prima d’incorrere in una perdita dati spontanea, e la temperatura influisce in modo ancora più marcato.

Ma quante volte può essere riscritto un SSD?

Questo varia molto a seconda del tipo di tecnologia Flash utilizzata, esistono infatti SSD di tipo SLC (Single Level Cell) che memorizzano un solo bit per cella NAND, MLC (Multi Level Cell) che memorizzano 2 bit per cella NAND, TLC (Triple Level Cell) che arrivano a 3 bit per cella NAND e addirittura QLC (Quad Level Cell) che possono memorizzare 4 bit in una cella NAND. Utilizzare più bit per cella NAND aumenta la densità di memorizzazione abbattendo i costi a parità di capacità ma allo stesso tempo abbatte anche la vita utile dell’SSD dato che il numero di sollecitazioni sarà doppio per MLC, triplo per TLC e quadruplo per QLC, e a parità di capienza potranno resistere a un numero di dati scritti (indicato dal dato TBW della scheda tecnica) dimezzato MLC, ridotto a un terzo TLC, e a un quarto QLC, rispetto alle più costose varianti SLC (estremamente meno diffuse e tipicamente non destinate al mercato consumer).
Ma il numero di bit per cella non è l’unico parametro che può influire sulla durata di un SSD rispetto ad un altro conta anche la purezza delle componenti utilizzate e le strategie adottate per mitigare i fattori di degradazione delle celle di memoria, sia lato software, come ad esempio l’implementazione di strategie come la SWL (Static Wear Leveling) per “spalmare l’usura” su più celle inutilizzate, se lo spazio libero lo consente; sia lato hardware, come ad esempio la tecnologia V-NAND introdotta da Samsung. Nella tecnologia V-NAND le celle non sono collegate solo in modo planare ma sono distribuite su più piani impilati verticalmente per aumentare la densità a parità di spazio, e viene utilizzato uno strato non conduttivo di nitruro di silicio per avvolgere il gate di controllo della cella e isolarla per prevenire la corruzione dei dati causata da interferenze cell-to-cell.

Se facciamo un piccolo raffronto su alcuni modelli piuttosto popolari oggi in commercio, vediamo come le differenze di durata si ripercuotono sul prezzo in modo estremamente proporzionale alla certificazione TBW:

MODELLO
Tecnologia
TBW\TB
TBW Tot.
Capienza
Garanzia
Prezzo
Samsung 860 PRO (MZ-76P2T0B)
MLC V-NAND
1200
2400
2 TB
5 anni
490 €
Samsung 860 EVO (MZ-76E2T0B)
TLC V-NAND
600
1200
2 TB
5 anni
310 €
Samsung 860 QVO (MZ-76Q2T0BW)
QLC V-NAND
360
720
2 TB
3 anni
240 €
Crucial MX500 (CT2000MX500SSD1)
MLC NAND
350
700
2 TB
5 anni
250 €

In questa tabella si può notare come il più costoso Samsung 860 Pro è certificato per 1200 cancellazioni e riscritture integrali contro le appena 360 del Samsung 860 QVO.
Se vi state chiedendo cosa accade una volta superata la soglia, sappiate che questa è data da una stima molto approssimata del range entro il quale il produttore vi garantisce l’assenza di rischi per i vostri dati (in condizioni d’esercizio standard e in assenza di difetti), superata questa soglia l’SSD può funzionare ma c’è il rischio di andare incontro a corruzioni dei dati. A tal proposito vorrei mettere in guardia da un tipo di test popolare quanto insensato, condotto da alcuni siti che dichiarano durate fantasmagoricamente più alte delle dichiarate, perché testano il disco fino alla morte totale. Questo genere di test ha poco senso, perché l’SSD diventa inaffidabile e inadeguato a contenere i dati, molto prima di arrivare al collasso completo (e i produttori non sono mica cretini a dichiarare durate 100 volte più basse). Ad ogni modo è bene notare che la causa più frequente di morte degli SSD non è l’usura ma guasti di diversa natura che ne decretano la morte improvvisa, non imputabili alla graduale usura da riscrittura delle celle di memoria. Un SSD guasto è quasi sempre irreparabile e i dati all’interno il più delle volte irrecuperabili.

CONCLUSIONI

Nella tabella in basso riporto sommariamente le caratteristiche generali dei comuni sistemi di storage. Il parametro “resistenza” è valutato in base a quanto la soluzione di storage è capace di resistere a fattori di danno esterni (e.s. polvere, urti e altre sollecitazioni fisiche); il parametro “recuperabilità dati”, indica invece la possibilità di recuperare i dati nei casi più comuni di danno della rispettiva tipologia di storage; “ritenzione dati” indica per quanto tempo i dati possono mantenersi integri dopo la scrittura, nel caso in cui la soluzione di storage sia conservata. A parità di categoria di storage, i parametri (come intuibile da quanto precedentemente spiegato), variano in funzione delle caratteristiche specifiche adottate, ad esempio un BluRay standard non potrà conservare i dati a lungo come un Blu-Ray M-DISC.

Storage
Velocità
Riscrivibilità
Ritenzione dati
Resistenza
Recuperabilità dati
HDD
da Bassa a Media
Estrema
Media
da Molto bassa a Bassa
Alta
SSD
da Alta a Estrema
da Molto bassa a Media
Bassa
Alta
Bassa
Dischi Ottici
Bassa
da Nulla a Molto Bassa
da Media a Estrema
da Media a Estrema
Media

In conclusione ad oggi non esiste non esiste una soluzione di storage che sia migliore in senso assoluto, e perciò la scelta va fatta a seconda dello scenario applicativo.

Per sommi capi:

  • Se si devono scrivere e riscrivere grandi quantità di dati, e non è necessario che queste scritture e letture avvengano a elevate velocità (perché ad esempio vanno accedute poco per volta), l’HDD non è soltanto una soluzione più economica, ma è una soluzione decisamente migliore e più sicura dell’SSD.
  • Se le grandi quantità di dati vanno anche scritte o accedute a grandi velocità (come ad esempio in task analitici su Big Data in cui bisogna operare su grandi blocchi di dati per volta), soluzioni basate su HDD potrebbero essere troppo lente per essere anche solo prese in considerazione e del tutto inutilizzabili all’atto pratico.
  • Se dovete comprare un nuovo PC fiammante, con HDD avrete un’esperienza d’uso e attese da PC vecchio di 10 anni in moltissimi task, a scapito della vostra produttività, e una volta provato un SSD difficilmente vorrete tornare indietro.
  • Se dovete conservare dati importanti senza necessità di modificarli per molti anni (es. ricordi da lasciare ai posteri, o dati importanti da tenere in cassaforte), l’SSD è la scelta peggiore tra tutte, mentre l’M-DISC la migliore in assoluto, in quanto l’informazione non è data da un “accumulo di energia” che a lungo andare si disperde, ma incisa fisicamente su un layer minerale (molto più resistente e meno soggetto a degradarsi negli anni dei dischi ottici classici che usano sostanze organiche più ben più deperibili).

 

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